Sant’Angelo in Lizzola

dista 3,1 km

Antica residenza nobiliare immersa nel verde delle colline marchigiane, che conserva ancora oggi il fascino delle sue origini rinascimentali.

STORIA: L’abitato di Sant’Angelo in Lizzola si origina intorno all’anno 1000 dall’unione di due castelli preesistenti, quello di monte Sant’Angelo e quello di Liciole (Lizzola). Il piccolo borgo di Montecchio si annette al territorio di Sant’Angelo nel 1389, nel corso dell’espansione del abitato verso il fiume Foglia, durante il medioevo.

Durante il Quattrocento, Sant’Angelo in Lizzola entrò nella sfera di influenza degli Sforza, signori di Pesaro; seguì poi le vicende del ducato di Urbino, quando papa Giulio II cedette i territori sforzeschi al duca Francesco Maria I della Rovere nel 1513.
Fu proprio il duca di Urbino, Francesco Maria II, ad elevare a contea il castello di Sant’Angelo in Lizzola e a cederlo in feudo alla famiglia Mamiani dal 1584.

Tra i cittadini illustri vi fu Giovanni Branca, che nacque a Sant’Angelo nel 1571; fu architetto della Santa Casa di Loreto, lasciando in quella città opere importanti, come il consolidamento delle mura e l’edificazione della Porta Marina, oltre ad averne ripristinato l’acquedotto. Ma il suo ingegno non si limitò all’edilizia: fu il primo che pensò di utilizzare il vapore come forza motrice e, nel trattato Le Machine, spiega come possa essere utilizzata la sua invenzione e quali benefici se ne potessero trarre.

A partire dal 1584, le vicende di Sant’Angelo furono per molto tempo legate ai conti Mamiani, fino al 1885, anno della morte dell’ultimo rappresentante della famiglia Terenzio Mamiani.

L’altra famiglia nobile che legò il suo nome a quello di Sant’Angelo in Lizzola, è quella dei Perticari. Soprattutto tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, a Sant’Angelo, grazie all’opera del conte Giulio Perticari, convenivano i migliori ingegni dell’epoca: Vincenzo Monti, Gioachino Rossini, Giacomo Leopardi, Pietro Giordani e Francesco Cassi. L’atmosfera culturale era vivace e, nel 1851, fu inaugurato il teatro (andato oggi completamente distrutto); solo i preziosi scenari dei fratelli Liverani di Faenza, che facevano parte del corredo scenico, sono scampati alla distruzione. Attualmente, dopo un lungo restauro, sono custoditi dall’ultimo rappresentante della famiglia Perticari, Giancarlo Cacciaguerra.

 

COSA VEDERE:

  • chiesa abbaziale di Sant’Egidio, ricostruita nel 1628, pur mantenendone lo stile romanico
  • chiesa collegiata di San Michele Arcangelo, eretta da papa Clemente II
  • la vecchia fonte o Fonte dei Poeti

Palazzo Mamiani.

Torna in alto